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LA LIBERTÀ

15,00

Di grande rilievo dal punto di vista storico, in quanto costituisce un luogo privilegiato per intendere il mutamento degli assetti categoriali e della strategia politica del liberalismo tedesco dopo la sconfitta della rivoluzione del 1848, questo testo giovanile del futuro autore della Politik si presenta altresì ricco di suggestioni teoriche. Muovendo da un serrato confronto con i punti più alti del pensiero politico europeo a lui contemporaneo (in particolare John Stuart Mill), Treitschke giunge a criticare la concezione liberale classica della libertà e la dottrina – sostenuta anche da Wilhelm von Humboldt – che vede nello Stato un male necessario. Ma il luogo centrale del testo, quello in cui più strettamente si connettono interesse storico e suggestioni teoriche, è la rivendicazione polemica della libertà contro l’uguaglianza. Da una parte troviamo qui infatti una chiara formulazione dell’esigenza che il liberalismo del «ceto medio» si differenzi dalle rivendicazioni dell’emergente proletariato; dall’altra, la distinzione concettuale di libertà e uguaglianza impegna Treitschke in una serrata argomentazione (che riprende quella di Tocqueville) sul rischio di una «tirannia dell’opinione pubblica», di una «tirannia sociale della maggioranza».

LA LIBERTÀ A OGNI COSTO

25,00

Integrazione/separazione, universalismo/nazionalismo, adesione agli ideali della nazione americana/africanismo: queste polarità hanno da sempre contraddistinto i movimenti afro-americani e le loro teorie politiche. Una «doppiezza», mirabilmente descritta agli inizi del XX secolo nell’opera di W.E.B. Du Bois e incarnata in leadership rappresentative come quella di Martin Luther King Jr. e di Malcolm X, che proprio negli anni della lotta abolizionista trova la sua origine. È in questi anni, infatti, che una specifica concezione della libertà e dell’emancipazione, al tempo stesso interna ed esterna al «mito» americano e alla tradizione politica dell’occidente moderno, prende piede e che la cultura afro-americana si fa «pensiero politico».
Questo volume, che presenta per la prima volta in italiano i più significativi interventi dell’abolizionismo nero statunitense, illustra il delinearsi di questo pensiero nel suo confronto con l’eredità contraddittoria della rivoluzione americana, l’emergere delle scienze etnologiche e i conflitti che preparano la guerra civile. Ne risulta una diversa e radicale concezione della modernità che, nella prospettiva coloniale dell’afro-americano, mette a nudo fra gli Anni Trenta e gli anni Sessanta del XIX secolo la costitutiva e irrisolta contraddizione tra l’aspirazione alla libertà e all’uguaglianza e la loro concreta negazione patita quotidianamente dal popolo nero.

VINDICIÆ CONTRA TYRANNOS. IL POTERE LEGITTIMO DEL PRINCIPE SUL POPOLO E DEL POPOLO SUL PRINCIPE

15,00

Le Vindiciæ – pubblicate nel 1579 in latino e nel 1581 in francese, e presentate qui per la prima volta in italiano – sono uno dei testi più emblematici della letteratura politica del periodo delle guerre civili di religione. Nel momento in cui si va delineando con chiarezza l’idea moderna di sovranità, come potere supremo caratterizzante lo Stato, i «monarcomachi» e l’autore delle Vindiciæ (forse Hubert Languet, forse Philippe Duplessis-Mornay) pongono consistenti limiti all’autorità sovrana sulla base di un duplice contratto: tra Dio e re, e tra re e popolo. Mentre l’osservare questo doppio contratto si addice alla dignità regale, il violarlo trasforma i re in tiranni e obbliga il popolo – principio e fine dello Stato e, in ultima istanza, vero sovrano – al rifiuto dell’ubbidienza e, al limite, al tirannicidio. Forte di carica rivoluzionaria, il testo segna un momento cruciale nella tradizione del repubblicanesimo moderno, e si conferma come un classico del pensiero politico della libertà.

LA PERSECUZIONE DEGLI ERETICI

15,00

«Come un moscerino contro un elefante»: è questo il commento che Sébastien Castellion sembra abbia apposto di suo pugno a una copia del De haereticis, an sint persequendi, pubblicato nella primavera del 1554. La metafora è pienamente gistificata, se soltanto si pensa alla sproporzione delle forze in campo: da un lato il grande consenso di cui godeva allora Calvino all’interno del mondo protestante, dall’altro la volontà quasi isolata dell’umanista savoiardo di difendere le conquiste originarie della Riforma, in particolare quella libertà di coscienza che essa aveva opposto all’intolleranza della Chiesa medievale. L’obiettivo polemico del De haereticis è proprio l’apparato ideologico del predicatore ginevrino, il pericolo che esso producesse un assetto istituzionale monolitico e autoritario ancora più gravoso della tirannia romana; il rogo di Serveto, avvenuto in quei mesi, era un terribile segnale in quella direzione.
Ma nello scritto di Castellion vi è molto di più che non la difesa ad oltranza della libertà religiosa: vi opera infatti l’intenzione di ripensare le categorie della fede, in un orizzonte che è certo erede dell’umanesimo erasmiano, ma che raccoglie anche forti suggestioni del misticismo di Sébastien Franck e perfino del pacifismo anabattista. Questi elementi mirano a fondersi in un processo teorico ambizioso, la cui originalità è spesso sottovalutata, nonostante la fortuna dell’opera nelle epoche successive; tuttavia è proprio l’ampio respiro del De haereticis, il suo tentativo di valorizzare l’unicità dell’esperienza religiosa individuale in un orizzonte universale, a farne un testo di fondamentale importanza nella storia moderna della lotta per la libertà di coscienza.

LE LIBERTÀ FONDAMENTALI

14,00

Questo dialogo fra un grande giurista e un grande filosofo riguarda una difficoltà presente nella concezione neocontrattualistica elaborata da John Rawls a partire da Una teoria della giustizia, vale a dire il problema dell’applicazione pratica delle libertà fondamentali in una società liberaldemocratica bene ordinata. Posto che tale applicazione – come sostiene Rawls – può aver luogo solo quando le condizioni sociali permettono il concreto svolgimento di tali diritti, non è immediatamente chiaro – obietta il giurista Herbert L. A. Hart – in base a quali meccanismi le condizioni favorevoli, dal punto di vista socio-economico, implichino l’effettiva applicazione per tutti, e in primo luogo per i più svantaggiati, proprio di quelle che Rawls chiama «libertà fondamentali». Le obiezioni di Hart e la lunga risposta di Rawls contribuiscono a chiarire questa aporia fondamentale delle società che tentano di coniugare diritti individuali, norme di giustizia e interventi correttivi delle proprie strutture.

LA SCOPERTA SCIENTIFICA COME PROBLEM SOLVING_BASE

15,00

Herbert A. Simon, La scoperta scientifica come problem solving (target article)
Commenti di: Joseph Agassi, Roberto Cordeschi, Marc De Mey, Donald A. Gillies, Mary B. Hesse, Philip N. Johnson-Laird, Paolo Legrenzi, John Losee, Diego Marconi, William H. Newton-Smith, Angelo M. Petroni, Roger C. Schank, Lucian P. Hughes, Giuseppe Trautteur, John W. N. Watkins

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