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LA LIBERTÀ

15,00

Di grande rilievo dal punto di vista storico, in quanto costituisce un luogo privilegiato per intendere il mutamento degli assetti categoriali e della strategia politica del liberalismo tedesco dopo la sconfitta della rivoluzione del 1848, questo testo giovanile del futuro autore della Politik si presenta altresì ricco di suggestioni teoriche. Muovendo da un serrato confronto con i punti più alti del pensiero politico europeo a lui contemporaneo (in particolare John Stuart Mill), Treitschke giunge a criticare la concezione liberale classica della libertà e la dottrina – sostenuta anche da Wilhelm von Humboldt – che vede nello Stato un male necessario. Ma il luogo centrale del testo, quello in cui più strettamente si connettono interesse storico e suggestioni teoriche, è la rivendicazione polemica della libertà contro l’uguaglianza. Da una parte troviamo qui infatti una chiara formulazione dell’esigenza che il liberalismo del «ceto medio» si differenzi dalle rivendicazioni dell’emergente proletariato; dall’altra, la distinzione concettuale di libertà e uguaglianza impegna Treitschke in una serrata argomentazione (che riprende quella di Tocqueville) sul rischio di una «tirannia dell’opinione pubblica», di una «tirannia sociale della maggioranza».

CONSIDERAZIONI SUL GOVERNO PASSATO E PRESENTE DELLA FRANCIA

15,00

Le Considerazioni sul governo passato e presente della Francia (1737) sono uno dei testi principali della pubblicistica politica francese della prima metà del Settecento. L’autore, René-Louis de Voyer, marchese d’Argenson, vi esamina con grande lucidità la situazione generale del regno, all’indomani della morte di Luigi XIV e della reggenza del duca Filippo d’Orléans. Protagonista della scena intellettuale, amico di studiosi di gran nome (tra i quali Voltaire, Montesquieu e l’abate Saint-Pierre), membro del Consiglio di Stato e ministro degli esteri di Luigi XV, d’Argenson compendia, in un quadro a tinte fosche, le debolezze economiche, le incongruenze giuridiche e amministrative, le anomalie politiche e morali, di uno Stato che pare già sull’orlo della crisi.
Con questo scritto, brillante esempio della thesè royal e al contempo uno degli ultimi sforzi di autorigenerazione dell’ancien régime, d’Argenson mette a punto un originale modello, misto di monarchia assoluta e democrazia corporativa, a cui affida le proprie speranze di ristabilimento dello Stato, nel nome di una concreta uguaglianza e di una libertà civile che garantiscano la realizzazione partecipe del «bene comune».

LIBERTÀ E UGUAGLIANZA NELLA FILOSOFIA POLITICA INGLESE

15,00

Questo saggio giovanile di Maitland – finora inedito in Italia – indaga i percorsi storici della nozione di libertà nel dibattito inglese tra seconda metà del Seicento e seconda metà dell’Ottocento, ricostruendone con sicurezza storica e sensibilità filosofica un quadro sintetico ma ampio, che investe l’insieme della riflessione moderna sulla politica, da Hobbes a Hume, da Filmer a Burke, da Locke a Spencer. Documento eccezionale della formazione intellettuale di quello che è considerato uno dei padri della storiografia giuridica e uno dei più grandi storici inglesi, il saggio di Maitland costituisce uno dei momenti più significativi e meno noti in cui il secolo liberale, già avviato alla fine, fa i conti con la propria tradizione.

IL SENTIMENTO DELLE LIBERTÀ

14,00

Il sentimento della libertà: era questo ciò che propugnava l’azione e la riflessione delle sostenitrici del movimento dei diritti delle donne negli Stati Uniti della prima metà dell’Ottocento – libertà di parola, di voto, di disporre dei propri beni, di avere la tutela giuridica dei propri figli, di testimoniare in tribunale, per citarne solo alcune. Il modello a cui si richiamava esplicitamente la Dichiarazione dei Sentimenti era la Dichiarazione di Indipendenza degli Stati Uniti del 1776, a dimostrazione del fatto che le donne facevano appello a quelle stesse «verità di per sé evidenti» che erano state rivendicate dai coloni americani nei confronti di una madrepatria e un re considerati ormai come tiranni. Era a un’altra «tirannia» che si opponevano le donne americane, quella esercitata dall’uomo sulla donna e dal marito sulla moglie, attraverso l’emanazione di leggi cui le donne non avevano dato consenso, o attraverso una lettura errata dei testi sacri. L’estremo interesse dei documenti qui pubblicati risiede proprio nella capacità delle donne americane di appropriarsi del linguaggio e dei concetti politici propri del discorso pubblico americano di quel periodo e di rendere evidenti le contraddizioni e i paradossi di una società che si proclamava democratica; a imperituro ricordo di quanto la questione della cittadinanza femminile sia elemento essenziale ed inscindibile della nascita della modernità e dell’ordine politico occidentale.

LA PERSECUZIONE DEGLI ERETICI

15,00

«Come un moscerino contro un elefante»: è questo il commento che Sébastien Castellion sembra abbia apposto di suo pugno a una copia del De haereticis, an sint persequendi, pubblicato nella primavera del 1554. La metafora è pienamente gistificata, se soltanto si pensa alla sproporzione delle forze in campo: da un lato il grande consenso di cui godeva allora Calvino all’interno del mondo protestante, dall’altro la volontà quasi isolata dell’umanista savoiardo di difendere le conquiste originarie della Riforma, in particolare quella libertà di coscienza che essa aveva opposto all’intolleranza della Chiesa medievale. L’obiettivo polemico del De haereticis è proprio l’apparato ideologico del predicatore ginevrino, il pericolo che esso producesse un assetto istituzionale monolitico e autoritario ancora più gravoso della tirannia romana; il rogo di Serveto, avvenuto in quei mesi, era un terribile segnale in quella direzione.
Ma nello scritto di Castellion vi è molto di più che non la difesa ad oltranza della libertà religiosa: vi opera infatti l’intenzione di ripensare le categorie della fede, in un orizzonte che è certo erede dell’umanesimo erasmiano, ma che raccoglie anche forti suggestioni del misticismo di Sébastien Franck e perfino del pacifismo anabattista. Questi elementi mirano a fondersi in un processo teorico ambizioso, la cui originalità è spesso sottovalutata, nonostante la fortuna dell’opera nelle epoche successive; tuttavia è proprio l’ampio respiro del De haereticis, il suo tentativo di valorizzare l’unicità dell’esperienza religiosa individuale in un orizzonte universale, a farne un testo di fondamentale importanza nella storia moderna della lotta per la libertà di coscienza.

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