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BRUTO

15,00

Il Bruto di Voltaire – che qui si presenta per la prima volta in traduzione al lettore italiano – composto nel 1729, portato in scena dalla Comédie Française nel 1730 e pubblicato nel 1731, rappresenta una delle prime prove dell’impegno politico di Voltaire. Bruto è la rappresentazione della lotta tra la libertà repubblicana e la monarchia assoluta, il manifesto dell’elogio della libertà politica del cittadino, valore supremo irrinunciabile, a cui il console Bruto – in lotta contro Tarquinio e Porsenna – sacrificherà anche i propri affetti di padre.
Tappa centrale nella carriera di tragediografo di Voltaire, Bruto è un importante esempio dello studio condotto dall’autore sulla tragedia, che egli vuole innovare accostando alla magnificanza dello stile ereditato dalla tradizione del grande teatro classico di Corneille e Racine lo stile e i contenuti «barbari» del teatro inglese di Shakespeare. Il notevole successo che la tragedia ottenne al proprio apparire in Francia fu dovuto alla valenza rivoluzionaria che il testo conteneva. Bruto segna infatti una delle prime tappe della lotta per la liberà condotta da Voltaire, in qualità di capo del parti philosophique, lungo il XVIII secolo: E proprio in questo senso la tragedia sarà letta dai rivoluzionari francesi, che la trasformeranno in una delle pièces più apprezzate durante la Rivoluzione.

LA LIBERTÀ DEL POPOLO NERO

15,00

Libertà, uguaglianza e fraternità – la triade dei principi rivoluzionari solennemente proclamati a Parigi nel 1789, con i quali inizia la modernità politica – non riguardano la popolazione di colore delle colonie francesi, né l’immenso popolo degli schiavi che in essa vive e soffre. Quegli stessi principi, nondimeno, diventeranno – negli anni tra il 1792 e il 1801 – parole d’ordine per i rivoluzionari neri della colonia francese di Santo Domingo; motivo della loro autonoma mobilitazione in vista dell’abolizione della schiavitù (strappata con l’«immortale decreto» giacobino del 1793); e motore del primo esperimento costituzionale di una Repubblica autonomamente organizzata e governata da cittadini di colore. Toussaint Louverture (1743-1803), nero, ex-schiavo, comandante militare e governatore dell’isola dopo l’abolizione della schiavitù, guidò ed organizzò per intero la transizione rivoluzionaria e contribuì in maniera determinante all’elaborazione della Costituzione. Qui sono raccolti e presentati al lettore italiano – nella prima edizione moderna – i suoi scritti, che testimoniano delle singole fasi della vicenda rivoluzionaria di Santo Domingo ed evidenziano le difficoltà attraverso le quali si concretizza il sogno di liberazione dei «giacobini neri» della colonia francese. La concreta affermazione dell’«assoluto principio» che nessun uomo avrebbe mai più potuto essere proprietà di un suo simile, frutto della rivoluzione di Santo Domingo, sarà, nei decenni successivi, il credo politico degli schiavi dell’intera area caraibica e degli USA, e Toussaint diventerà una figura mitica delle lotte per la libertà del popolo nero.

LA LIBERTÀ MODERATA

15,00

Il Discorso di Logrogno e i due Discorsi sul governo dei Medici attraversano un crinale decisivo della storia di Firenze: il passaggio (settembre 1512) dalla repubblica del Consiglio Grande, ai suoi esordi influenzata dalla predicazione savonaroliana, al principato mediceo, ormai sempre più avviato verso una prassi assolutistica, assai diversa da quella di Lorenzo il Magnifico. La riflessione guicciardiniana è poi segnata non solo dalla catastrofe istituzionale della sua città, ma anche dalla inedita e apocalittica tragedia delle guerre d’Italia. Occasionati da queste due crisi, i tre discorsi di Guicciardini tracciano le linee fondamentali del suo pensiero politico, fino al Dialogo del reggimento di Firenze. Riflettendo su categorie politiche basilari, quali esperienza e ragione, ordine e passioni, tradizione e innovazione, Guicciardini prospetta una equilibrata sintassi amministrativa, che si vuole lontana sia da pretese meccanicistiche sia da derive nichilistiche. È, la sua, una proposta di libertà moderata, ossia regolata dai «savi». Questi, esercitati nella «bottega» della politica, rappresentano il «timone» della città, ne «curano» il disordine e la preservano sia dalla sedizione principesca sia dalla libertà popolare, in una prospettiva di stabilizzazione oligarchica ben lontana dagli orizzonti eroici e democratici che affascinavano, invece, Machiavelli.

LIBERTÀ E UGUAGLIANZA NELLA FILOSOFIA POLITICA INGLESE

15,00

Questo saggio giovanile di Maitland – finora inedito in Italia – indaga i percorsi storici della nozione di libertà nel dibattito inglese tra seconda metà del Seicento e seconda metà dell’Ottocento, ricostruendone con sicurezza storica e sensibilità filosofica un quadro sintetico ma ampio, che investe l’insieme della riflessione moderna sulla politica, da Hobbes a Hume, da Filmer a Burke, da Locke a Spencer. Documento eccezionale della formazione intellettuale di quello che è considerato uno dei padri della storiografia giuridica e uno dei più grandi storici inglesi, il saggio di Maitland costituisce uno dei momenti più significativi e meno noti in cui il secolo liberale, già avviato alla fine, fa i conti con la propria tradizione.

INTRODUZIONE ALLA POLITICA

14,50

Con Introduzione alla politica Harold J. Laski, autorevole protagonista della scena inetellettuale di lingua inglese del primo Novecento, guarda con straordinaria lucidità alla crisi della dottrina della sovranità dello Stato, e affronta i temi principali del pluralismo democratico, riaffermando l’associazione come strumento capace di permettere agli individui di esprimere la propria libertà politica e sociale. La riscoperta del pensiero di Laski, cui né il prestigio accademico né il rilievo politico erano valsi ad evitare immeritato oblio, si rivela di sorprendente attualità nell’epoca della globalizzazione. L’autore si oppone alla concezione dello Stato quale unico soggetto della politica un modello di società costituito da più gruppi o centri di potere, non necessariamente in accordo fra loro, ai quali viene demandato il compito di limitare o di contrastare alla concentrazione della sovranità caratteristica dello Stato moderno. Oggi, quando è ormai consumata la dissolvenza di quel venerabile «fantasma» che è stato la dottrina della sovranità, l’insegnamento di Laski può conoscere una nuova vitalità e aprire la strada a auna convivenza libera, pluralista e articolata.

DISCORSO SULLA SERVITÙ VOLONTARIA

15,00

Il Discorso sulla Servitù volontaria di Etienne de La Boétie inaugura, all’alba del pensiero politico moderno, la critica del dominio, ponendo una domanda che inquieta e travaglia la stessa forma politica: come possono gli uomini combattere per la propria servitù come se si trattasse della propria libertà? Come possono volere obbedire allo Stato? È il nostro tempo – che ha conosciuto il tragico rovesciarsi delle lotte contro l’oppressione in una nuova forma di totalitarismo burocratico e che sperimenta sempre nuovi tentativi totalitari – a poter cogliere appieno il cuore segreto del Discorso di La Boétie, ossia la denuncia che l’ambizione dello Stato moderno non è di controllare a distanza le dinamiche sociali, ma precisamente di codificarle, ridefinirle, disciplinarle. Solo oggi si può capire il messaggio di La Boétie, che individua nelle stesse logiche profonde dello Stato moderno – la volontà di rappresentazione, l’attrazione dell’eterogeneo nella logica dell’omogeneo, la riduzione dell’Altro al Simile – il fondamento del desiderio di servitù. Sono questi i motivi che rendono di straordinaria attualità questa riproposizione di un classico, per la prima volta tradotto sulla base delle più recenti edizioni critiche.

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